Il comitato Opzione Donna ha avviato una class action contro l’Inps sull’interpretazione dell’ente previdenziale sulla pensione anticipata per le lavoratrici che accettano l’opzione contributivo. Il comitato chiede di togliere i paletti posti all’opzione donna, che di fatto hanno limitato la possibilità a queste donne di andare anticipatamente in pensione accettando un assegno previdenziale calcolato con il metodo contributivo. La legge 243/2004, articolo 1, comma 9 concede questa possibilità fino al termine dell’anno prossimo, mentre l’Inps limita il tutto a novembre di quest’anno per le lavoratrici dipendenti e addirittura allo scorso maggio per le lavoratrici autonome.
La class action contro l’istituto di previdenza punta a risolvere la questione nata in seguito alle due circolari pubblicate dall’Inps. La riforma Maroni permette alle lavoratrici dipendenti di andare in pensione a 57 anni di età con 35 anni di contributi (58 anni di età per le lavoratrici autonome), in cambio di una decurtazione della pensione, che viene calcolata con il metodo contributivo. La legge prevede che l’opzione donna sia esercitabile fino alla fine del 2015.
L’Inps, invece, ha specificato che entro la fine dell’anno prossimo le lavoratrici dovrebbero maturare i requisiti per la decorrenza del trattamento pensionistico. In questo modo la scadenza viene anticipata e di parecchio. Per le autonome è già scaduta (maggio 2014), mentre per le dipendenti scade questo mese di novembre. Tutto questo perché le finestre mobili prevedono 18 e 12 mesi rispettivamente per l’ottenimento dell’assegno pensionistico dopo la maturazione dei contributi per la pensione.
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