Dylann Roof, il giovane che lo scorso mercoledì si è introdotto nottetempo nella piccola chiesa di Charleston uccidendo nove persone, aveva pianificato già da tempo l’aggressione perpetrata ai danni della comunità nera del luogo. La sparatoria infatti, anch’essa pianificata, è stata motivata da ragioni, se tali si possono definire, razziali.
Come testimoniano alcuni conoscenti del killer, Roof ha sempre mostrato disprezzo per le comunità afroamericane, atteggiamento che aumentava di intensità ogni qual volta il ragazzo faceva uso di sostanze stupefacenti. Il padre del giovane, lo scorso aprile regalò a Dylann una calibro 45; da quel momento, almeno secondo le prime testimonianze, Roof iniziò a progettare l’aggressione.
Un testimone a lui molto vicino ha poi dichiarato che il ragazzo aveva intenzione di dar vita ad una nuova guerra di secessione e che una volta segregate le comunità nere in una piccola parte del paese, avrebbe finalmente restituito l’America agli americani. Fatto ciò si sarebbe tolto la vita.
Proprio queste dichiarazioni hanno allarmato gli uomini dell’FBI che hanno quindi avviato delle indagini più approfondite sul conto di Dylann Roof, se non altro per escludere che il ragazzo agisse per conto di gruppi estremisti. Ciò che sorprende è che il killer aveva dato delle avvisaglie di squilibrio mentale: la sua auto inneggiava ai sudisti, il suo vestiario reclamizzava l’idea del ritorno all’apartheid, i suoi discorsi erano farciti di idee e terminologie non certo poco sospette. Eppure Dylann ha potuto agire indisturbatamente, eppure il killer ha, per motivazioni futili, spezzato nove vite nere, esattamente come la sua coscienza…